‘Cambio di paradigma’ nel turismo: per esempio, l’extra-alberghiero?

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In questi giorni si fa pressante l’esigenza di avere le idee chiare su come progettare la Fase 2 del post-coronavirus.

Il lungo periodo di fermo imposto ha eroso gran parte della liquidità aziendale, ha smembrato il mercato, la cui domanda, al momento della ripresa, potrebbe essere molto diverso da quello lasciato a febbraio 2020.

Il turismo è in grande sofferenza ed è molto probabile che la fiducia dei viaggiatori verso le destinazioni si consoliderà solo nel tempo, in base a come esse sapranno allinearsi alle nuove richieste di sicurezza e sanificazione. Ci vorranno tempo e soldi, per molti si

tratterà di ripartire da 0. Non sarà solo di capacità resilienza individuale perché la pandemia, con i suoi effetti planetari, ha dimostrato che una via di salvezza sta nella solidarietà e nella collaborazione.

Forti sono le tensioni che ruotano attorno al coronavirus ed all’ecatombe che esso sta generando: il cambiamento climatico, il raggiungimento di livelli di inquinamento senza precedenti, lo sfruttamento sconsiderato di risorse e di essere umani inducono povertà e carestie da un lato e morti per eccesso di benessere dall’altro. Pare siano anche quelli vettori favorevoli alla diffusione della pandemia.

Siamo costretti a mettere in discussione ciò che eravamo e facevamo, come primo passo verso il futuro. Se esisteva un mondo pre-COVID 19, ne esisterà un

altro post COVID-19. Ed in quest’ultimo l’isolamento farà da padrone, forse anche dopo che si sarà trovato il vaccino, perché la paura che si è generata e lo sgomento per le morti subite non scompariranno con un’iniezione.

Bene.

Ci dimenticheremo delle spiagge affollate, delle città soffocate da orde di turisti, dei ristoranti con la fila fuori? Forse sì e forse sarà cosa buona e giusta.

I problemi causati dall’overtourism si risolveranno allora da soli….Di conseguenza, si ridimensionano i rapporti con le OLTA, le loro commissioni spesso esagerate perché si sviluppa una nuova domanda? E se fosse il momento giusto anche per riequilibrare i rapporti tra cittadino e visitatore, tra ognuno e gli altri?

Proviamo a pensare: se l’overtourism è stato favorito molto dalla crescita esponenziale della ricettività extralberghiera, ora, in considerazione che il nuovo turista cercherà natura ed isolamento, vuoi vedere che l’extra-alberghiero dovrà adattarsi al ‘nuovo paradigma’? Vuoi vedere che i players si sposteranno in massa verso destinazioni minori, meno costose, spesso poco popolate, con abitazioni vuote ma disponibili?  Esiste però una condizione essenziale, affinchè questo cambio di direzione possa dimostrarsi benefico: che i profitti restino sui territori e che si fissino regole precise, condivise con le comunità locali. Fairbnb ci prova, da qualche anno, a ragionarla in questo modo. Così si vince in due: si aiutano i piccoli a creare economia e si decongestionano le destinazioni di punta. Non solo: si migliora il rapporto tra locale e turista, laddove il primo non si senta minacciato dal secondo e, anzi, ci veda un’opportunità di collaborazione: ‘io locale ti accolgo e tu, turista, mi aiuti a migliorare il mio territorio’. Numerose sono esperienze già rodate, come quelle organizzate dal tour operator tedesco Amavido (di cui uno dei fondatori, Dominik Calzone, è di famiglia calabrese); o quella di Oslo, che ha stretto accordi con Parigi,  per un reciproco vantaggio: la capitale norvegese sposta turisti dalla capitale francese verso i propri musei, poco affollati e Parigi allenta la pressione sul tessuto urbano dovuto alla saturazione turistica.

Se questa è la strada già tracciata, in un certo senso, allora il coronavirus ci ha dato la leva giusta per procedere. Senza contare che mentre gli alberghi non investono volentieri in aree a scarsa densità di popolazione, dall’altro lo sviluppo dell’extralberghiero equo e solidale in centri minori potrebbe diventare una scelta prioritaria per il turista.

 

Infine, se questo è il ‘cambio di paradigma’ (non ho mai capito bene, alle vie dei fatti, cosa si intenda), allora avremo compreso la lezione. Il modello del turista trasformativo, di cui si scrive tanto, è essenzialmente chi offre le proprie risorse (tempo, denaro, esperienze…) per la conservazione del bene comune. Buon senso, merce rara.


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